Un orizzonte di utopia

 
Di seguito riproponiamo l'intervento del maestro Lamberto Puggelli in occasione della riapertura nel 2010 del Teatro Machiavelli:
«Anni addietro ho conosciuto Enrico Iachello, allora Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Ci siamo incontrati diverse volte, per ragioni istituzionali, e abbiamo iniziato a parlare di progetti, per migliorare, con l’esercizio delle nostre rispettive competenze artistiche, intellettuali e organizzative, la qualità dell’offerta culturale nella città di Catania, alla quale, come molti sanno, sono legato da una trentennale esperienza di lavoro e da affetti.
Abbiamo iniziato a condividere idealità e linee d’intervento, entrambi convinti della assoluta necessità storica di agire, per diffondere la cultura, la vera arte, al fine di risvegliare le coscienze dallo stato di torpore in cui questa nostra epoca rischia di trascinare tutti. E, dopo diversi interventi isolati, convegni, manifestazioni, seminari, spettacoli ai Benedettini, concepiti per gli studenti e gli specialisti, ma rivolti a tutta la città, abbiamo messo a fuoco un comune progetto, al quale da tre anni ci dedichiamo insieme, ciascuno in base alle proprie competenze, e che oggi sta producendo un modello operativo che viene non solo elogiato e apprezzato a livello italiano ed estero (si vedano gli articoli pubblicati sulla stampa nazionale e internazionale interessata al nostro “esperimento”), ma che inizia ad essere esportato e viene additato a modello.
Enrico è l’anima intellettuale e organizzativa, io quella artistica, di questa sfida ai tempi che stiamo perseguendo con un cenacolo di artisti, docenti, studenti, attori, amici che si sono stretti intorno al progetto di Enrico e mio: sperimentare una forma di attività teatrale all’interno dell’Ateneo in grado di proiettarsi nella città, soddisfacendo quella fortissima richiesta di arte e teatro di alta qualità e spessore intellettuale, che parta dal coinvolgimento delle emozioni. E al tempo stesso, sperimentare una forma di produzione in massima economia, senza soldi pubblici e senza costi per il pubblico, se non nei termini di una libera e volontaria contribuzione. Un teatro in grado di superare la crisi finanziaria e lo scadimento della qualità delle proposte di questo nostro tragico presente.
Da anni riflettevo sulla crisi economica e teatrale. Il teatro, tranne rari periodi (il teatro greco, il teatro elisabettiano, il melodramma) è sempre stato in crisi. Ma il teatro non può morire. Il teatro è intrinseco all’uomo. «"L’uomo prende consapevolezza di sé quando si rappresenta". E allora, pensando a quei periodi – ad esempio quello del teatro medievale, durante il quale la rappresentazione si svolgeva sul sagrato delle chiese – ho deciso che gli ultimi anni della mia vita sarebbero stati dedicati agli altri, insegnando ai giovani e soprattutto agendo in modo che il pubblico possa accedere gratuitamente ai miei spettacoli. Non dico che il pubblico debba essere pagato come sembra avvenisse ad Atene, ma perlomeno assistere gratis.
Ho trovato un gruppo di persone come me innamorate del teatro, del pubblico, della vita, pazze come me, fra cui il Preside Iachello, ed ecco nato, nel 2009, INGRESSO LIBERO.
In fondo si tratta sempre di servizio pubblico, come ci hanno insegnato i nostri maestri, e si tratta semplicemente di supplire alle mancanze dello stato inadempiente.
E, soprattutto, questo germe di Teatro universitario d’Ateneo, che è lo scopo ultimo del progetto per il quale Enrico e io ci battiamo, ha svolto in questi anni, e svolgerà sempre più in futuro, una importante funzione “sociale”. Il nostro Teatro universitario, sin da questa prima fase di sperimentazione, ha già proposto dall’anno corso e continua a proporre i laboratori OTU – Officine teatrali universitarie, gratuiti per tutti gli studenti dell’Ateneo e aperti a tutta la città, agli amanti di teatro, agli specialisti, ai curiosi, agli animi desiderosi di nuove esperienze e conoscenze. In tal senso il nostro Teatro universitario, work in progress, è già un importantissimo spazio di aggregazione e incontro.
Da tre anni il nostro modello agisce in controtendenza. Aggrega e non isola, creando una comunità di ideali e, si perdoni l’anacronismo, realizzando una grande famiglia d’arte e affetti. Tesorizza i talenti e non li spreca. Fa crescere e maturare il rigore del pensiero. E, per essere più concreti, riapre teatri, invece che assistere alla loro chiusura, come siamo riusciti a fare, grazie all’impegno e alla determinazione di Enrico Iachello che, come me, a volte si scontra contro “il buon senso”, proiettandosi in un orizzonte di utopia, e riuscendo in insperati fatti concreti: abbiamo riaperto e reso fruibile al pubblico della città, che ci ha premiato per questa nostra sfida, affollando sempre le nostre serate, un teatro storico di Catania: il Machiavelli. Locale seminterrato di Palazzo Sangiuliano, in origine una mescita di vino, poi Teatro dell’Opera dei Pupi, con Giovanni Grasso, divenne luogo di spettacolo famoso in tutta Italia, per via della sua straordinaria compagnia, all’interno della quale apparve un attore che si chiamava Angelo Musco. La «fucina» del Machiavelli, come Martoglio definì la compagnia di Giovanni Grasso, diventa la chiave di volta del teatro siciliano, in un’Italia largamente interessata alla scena dialettale, esportando i suoi spettacoli a Roma, Milano, Firenze, Napoli.
E la nostra nuova “fucina” si colloca in un rapporto di continuità con questa grande tradizione e di innovazione per via delle scelte artistiche che opera, orientandosi ai giovani, a tematiche di attualità, proponendo un teatro d’Arte, di azione e intervento sul territorio, con spettacoli di altissimo profilo professionale, seppur realizzati senza finanziamenti, che hanno già vissuto la gloria di essere richiesti in altre città italiane (da Milano a Roma) e hanno il vanto e l’orgoglio di avere un pubblico di spettatori affezionati innumerevoli e appassionati.
In Enrico ho trovato un sodale con il quale condividere passioni e con il quale, cosa ben più importante, diffondere la “passione”: per una cultura autentica, per un’arte vera, per una formazione alta, alfine di perseguire il comune progetto, utopia di ogni epoca, di porre i germi per un rinnovamento del nostro modo di vivere ed essere al mondo.
E siamo certi, Enrico e io, che, come insegna Ipazia, grandiosa figura alla quale in questi giorni è stata dedicata un’importante iniziativa che ci ha coinvolti entrambi, attraverso tali azioni, tali determinati interventi nel nostro tempo, la storia svela il suo grande mistero: il suo essere compresenza e compenetrazione di tempi, per cui il lontano non rivive in noi come memoria ma è vivo e vive continuamente per noi, proiettandosi nel futuro in cui tutto confluisce.
E con Enrico, anch’egli grande combattente e sostenitore di ideali concreti di cambiamento, cerchiamo di guardare a un futuro migliore, agendo in questo nostro tempo, per costruirlo, nonché con la collaborazione del Dipartimento di Scienze Umanistiche, e con il supporto dell’Ateneo, che ha accolto la grande scommessa di riaprire un teatro senza un soldo di finanziamento, mantenendolo solo con donazioni e il volontario contributo del pubblico».
 
Lamberto Puggelli